Grullaia
di Libero Venturi - domenica 05 luglio 2020 ore 07:30
Per quel che può valere il mio pensiero, penso. Così come, per quel che può valere la mia esistenza, esisto. E fra le due cose Cartesio ha dimostrato esserci una qualche relazione. Ad esempio, essendo uno di sinistra -ci sono tanti modi di esserlo, forse anche troppi e ognuno ha il suo- penso che la sinistra andrebbe fatta rivivere in base a due assi Cartesiani. Uno antico, insomma storico: “l’uguaglianza”. Bisogna che gli uomini siano uguali davvero e a scala planetaria. Cioè abbiano gli stessi diritti di partenza e non ci siano società e paesi che possano usufruire delle loro opportunità, però, consapevolmente o meno, sulle spalle degli altri. Perché l’uguaglianza va coniugata con la solidarietà, che è una derivazione della “fraternité” della Rivoluzione Francese, però più ampia. E quindi si parla di “uguaglianza solidale”.
L’altro asse è relativamente più moderno e cioè “l’ambiente”. I ragazzi di Greta, quelli del “friday for future” dovrebbero farci capire quanto questo tema sia sensibile per le nuove generazioni le quali, pur minoritarie, rappresentano il progresso della razza umana che non può darsi senza il rispetto dell’ecosistema. Vale a dire del mondo animale e vegetale, del suolo, dell’acqua e dell’atmosfera. Si tratta del concetto di “valore ambientale”. Ma siccome non credo al mondo salvato dai ragazzini ed ho rispetto per loro, come per i “Felici Pochi” e gli “Infelici Molti” di cui parlava Elsa Morante nel ‘68, penso che questo tema debba essere assunto dalla sinistra nel suo complesso. Può essere anche appannaggio di altre forze politiche, del centro o della destra, per l’amor di Dio, nessuno lo impedisce, prova ne sia che diverse forze “verdi” in Europa stanno in coalizioni di centro destra, perfino sovraniste. Però, per come la vedo io, in questa accezione data dal collegamento fra “uguaglianza solidale” e “valore ambientale”, l’appartenenza alla sinistra, il sostegno di “un arco umanista”, verrebbe parecchio più naturale. Immagino che ci saranno subito ambientalisti, benpensanti e viranti al populismo contemporaneo, che diranno inorriditi: noi non apparteniamo a nessuna politica, questi temi sono di tutti! E chi se ne importa, ognuno ha sue idee. Chi vuole le confronta, chi non vuole se le tiene. Sperando che siano quelle giuste. Chi scrive, del resto, è un asociale. C’è chi è “no logo”, “no global”, “no Tav”, “no vax”, “not in my back yard”, “no Mes”, io mi limito ad un più prudente e remissivo “no social”.
Perché questo innesto tra sinistra ed ecologia debba inverarsi e dare frutto occorrono alcune cose. Per affermare “l’uguaglianza solidale” bisogna soprattutto che la sinistra ci creda. Ma ci creda davvero. Che è come dire ai cristiani che per esserlo non basta dirlo, ma si deve amare il prossimo come noi stessi -e forse anche di più- e il razzismo non è contemplato. In nessuna forma. Per riconoscere il “valore ambientale” invece bisogna innervare nella tradizione goscista nuove idee per cui occorre una nuova formazione e una diversa sensibilità.
Il pensiero della sinistra, così come ha spesso privilegiato l’uguaglianza rispetto alla libertà -peraltro a scala sempre meno mondiale e non sempre solidale- ha centrato tutto sul progresso umano e economico sociale non considerando la variabile ecologico ambientale. Occorre che rientrino nel linguaggio comune della sinistra concetti come green economy, green new deal, circular economy -parole che si possono tradurre anche in italiano- opposizione all’obsolescenza programmata dei prodotti, contrasto al riscaldamento globale, differenziazione dei rifiuti e loro riciclo, sviluppo sostenibile e, soprattutto, rinnovabile. Insomma valorizzazione dell’ambiente. Ci arriviamo un po’ tardi, ma meglio tardi che mai. In compenso possiamo aggiungere a questi temi un senso egualitario e solidale, di riequilibrio delle sorti dei popoli del mondo. E di progresso.
Se la sinistra si deve adeguare, anche le forze ambientaliste dovrebbero fare altrettanto per raccogliere un sentimento che non è maggioritario, ma che può trovare molti sostenitori in buona parte d’Europa, come testimoniano i recenti successi elettorali alle amministrative in terra di Francia di “Europe Écologie les Verts”. Occorre cioè una nuova e diversa disponibilità anche dal mondo ambientalista, troppo spesso marginalizzato in una deriva radical chic o in un’ideologia estremista, quando non confinato entro un orizzonte conservatore. Daniel Cohn-Bendit, Dany il Rosso, padre nobile dell’ecologia in Francia è diventato un sostenitore di Macron e, con tutto rispetto, si può fare meglio. Anche peggio, però. Il problema mi pare sia coniugare temi ecologici e senso del progresso, territorio e appartenenza europea, far parlare sfera pubblica e sfera privata, sia sul piano sociale che ambientale. Futuro in altre parole.
Ho detto come la penso perché sia più chiaro l’argomento che seguirà. E, a proposito di un tema come quello dei rifiuti, penso che occorra ridurli fino alla massima potenza e convenienza, differenziarli per riciclarli. Non necessariamente eliminare la plastica, ma ridurla e sostituirla con materiali plastici sicuri e solidi non derivanti dal petrolio e biodegradabili, per cui la ricerca deve essere sostenuta. Intanto conferirla correttamente, schiacciando le bottiglie, ad esempio, per ottimizzarne e facilitarne la raccolta, e il riciclo. Che tutta o quasi può essere riciclata. In questo quadro e secondo la direttive europee la discarica è l’ultima cosa in scala gerarchica. Può essere azzerata, sicuramente ne va ridotto l’uso. Ma è anche comprensibile a tutte le persone di buon senso che di alcune ce ne sia pure bisogno. Anche a seconda delle altre strategie di trattamento dei rifiuti che un paese sceglie. La Germania le discariche le ha azzerate, ma, oltre che sulla differenziata, ha spinto molto sugli inceneritori. Non può essere lo stesso in Italia.
La discarica di rifiuti urbani e speciali di Chianni, in località Grillaia, è assurta agli onori della cronaca in tempi passati e tornata sugli scudi di recente. Era indispensabile quella discarica? Francamente direi di no. Ce ne erano e ce ne sono altre a controllo pubblico. Quella era di privati, non che questo sia una colpa, ma neanche una garanzia se, a quanto pare, il problema è che il suo “post mortem” non è stato curato a dovere e quella discarica, chiusa da tempo, costituisce ancora un rischio ambientale, secondo una nota dell’Arpat. L’ Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana ha svolto in proposito accertamenti che “hanno anche prodotto segnalazioni di carattere amministrativo e penale alle autorità competenti”, come riportato in una nota .
Ebbene, per assicurare la messa in sicurezza della discarica e determinarne veramente la chiusura, la Regione Toscana, ha approvato un progetto che ne prevede la copertura con rifiuti di amianto. Ciò garantirebbe la fattibilità economica del “post mortem” che, come si è visto in questi anni, ha costituito la criticità essenziale. Il progetto, contingentato nelle quantità e nei tempi, presentato dai gestori della “Nuova Servizi Ambiente”, ha avuto il parere favorevole dell’Arpat.
Apriti cielo! I Comuni della zona, l’Unione dei Comuni della Valdera e il Circolo della Lega Ambiente hanno manifestato la loro opposizione. Le forze politiche presenti in Consiglio Regionale, tutte, anche quelle di maggioranza, hanno chiesto la revoca della concessione che la Giunta Regionale ha accordato. La situazione è paradossale. La Grillaia diventa una grullaia. Tutti contro, in nome della difesa dell’ambiente. Peccato che anche togliere e smaltire correttamente l’amianto presente nel territorio sia anch’esso un presupposto della tutela ambientale. E l’unico modo di smaltirlo è proprio interrarlo in discariche controllate, evitando la diffusione di fibre nell’aria, pericolose per la salute umana. Questo spesso tendiamo a dimenticarlo. E dimenticare di inquadrare le questioni nella loro complessità non è un buon presupposto né per la politica, né per l’ambiente. Nella nota di Arpat si legge non a caso: “Un problema che è comunque indispensabile affrontare in via generale, è quello di avere a disposizione impianti per smaltire i materiali contenenti amianto, se si vuole procedere davvero – come anche Legambiente nazionale segnala da tempo – alla rimozione dei tantissimi manufatti presenti ovunque anche nella nostra Regione”. Ed è innegabile. L’eternit è stato legale in Italia fino al 1992.
Preciso che non ho nessun interesse, dirò di più, nessuna “simpatia” verso la discarica di Chianni e ignoro perché non è stata chiusa e a suo tempo messa in sicurezza, come chi di dovere avrebbe dovuto. Di ciò eventualmente risponderanno i gestori. Ma se c’è un problema economico per questo, non si può pensare, come mi pare sostenga la Lega Ambiente della Valdera che se ne debbano fare carico i Comuni. Tantomeno la Regione, aggiungo. Sarebbe pagare con soldi pubblici -e immagino tanti- per la responsabilità di un privato, creando un precedente pericoloso. Certo gli enti pubblici potrebbero acquistare il sito, espropriarlo, ma ve ne sono le condizioni? E quali? E a quanto? Non credo che gli enti pubblici, specie di questi tempi, navighino nell’oro. Il progetto approvato dalla Regione risolve invece due problemi, la messa in sicurezza e la chiusura della discarica e lo smaltimento dell’amianto, chiamando ad una collaborazione il pubblico in funzione di controllo e il privato in funzione di finanziamento e di gestione. Un percorso simile è stato fatto per la discarica del Tirassegno di Cascina ed è andato a buon fine, rispettando tempi ed impegni.
Ha ragione chi sostiene che se non si fa così anche per la Grillaia, di cui saranno dieci anni e coda che si ragiona inutilmente, fra altri dieci anni ce la ritroveremo come un problema ambientale ancora irrisolto e ancora più nocivo da un punto di vista ambientale. Se un dubbio legittimo viene è, semmai, a livello delle garanzie. Pur favorevole all’intervento privato, chi assicura però che la correttezza che non è stata usata finora, sarà applicata in seguito? Certo i controlli dei pubblici poteri: verificare che una parte consistente del ricavo ottenuto dallo smaltimento dell’amianto venga investito per la bonifica della discarica, fino alla sua chiusura prevista. Ma non sarebbe meglio, a questo proposito, coinvolgere nel progetto aziende del settore, pubbliche o partecipate dal pubblico, che, previa disponibilità di “Nuova Servizi Ambiente”, entrino nella società con una percentuale di minoranza o creino una nuova, partecipata, in funzione di controllo e garanzia del progetto? Forse questo potrebbe ridimensionare le preoccupazioni del pubblico e manterrebbe, la chance e gli impegni del privato. Garantendo a tutti maggiore certezza.
Ecco, ho fatto questo esempio, non certo il più indicato, ma forse il più attuale e spinoso, per far capire come sarebbe possibile aprire un arco di confronto tra la politica, in questo caso la politica della sinistra e il mondo ambientalista. Come si possa ragionare in termini non preconcetti dall’una e dall’altra parte per il bene comune. Affinché sinistra e ecologia dialoghino, i ragazzini diventino la nuova classe dirigente del paese e -anche se a me resta un dubbio lecito e non so quanto lodevole- i “Felici Pochi” siano di più e gli “Infelici Molti” di meno. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 5 Luglio 2020
“Il mondo salvato dai ragazzini” è un libro di Elsa Morante, pubblicato nel 1968 che, tra le altre cose, ci parla di “Felici Pochi” e di “Infelici Molti”.
Libero Venturi