DIZIONARIO MINIMO: 1848-1948
di Libero Venturi - domenica 14 gennaio 2018 ore 08:00
I pensieri della Domenica scorsa vertevano sulla numerologia introdotta dall’anno nuovo che finisce per otto. Mettevano il 2018 in relazione ad altri anni con lo stesso numero finale, il 1848 e il 1968. Una relazione arbitraria di pensieri vagabondi. D’altra parte l’arbitrio è libero per definizione e i pensieri sono del dì di festa: un po’ vagabondi devono pur essere. E allora voglio tornare sul 1848 e parlare del 1948. Siamo sempre entro la regola dell’otto finale. Ci sarebbe anche il 1898 da ricordare, ma lo farò diffusamente nei prossimi pensieri domenicali. E poi basta, lo giuro.
L’integrazione riguardante il 1848 non è da poco, anzi, meritava una menzione a parte: il 21 febbraio del 1848 fu pubblicato a Londra il Manifesto del Partito Comunista, scritto da Karl Marx e Friedrich Engels. La traduzione italiana fu pubblicata più tardi, tra il 1889 e il 1892. Inizia con la famosa frase: Uno spettro si aggira per l'Europa, lo spettro del comunismo. E finisce con un appello internazionalista altrettanto famoso: Proletari di tutto il mondo unitevi! Non avevamo altro da perdere che le nostre catene ed un nuovo mondo da conquistare. La rivoluzione comunista e la lotta di classe avrebbero rovesciato la classe borghese, sfruttatrice e portato al potere la classe operaia, gli sfruttati. Cambiando per sempre la storia. Espropriazione della proprietà terriera, abolizione della proprietà privata, tassazione progressiva, statalizzazione e socializzazione dei mezzi di produzione, del credito e dei trasporti, integrazione tra città e campagna, ugual lavoro e istruzione per tutti, abolizione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche. Questi alcuni punti salienti del decalogo del Manifesto. In seguito Marx introdusse il concetto di dittatura del proletariato che avrebbe soppiantato la dittatura della borghesia. Il proletariato sarebbe assurto a classe universale e questo avrebbe semplificato la democrazia, vista solo come pretesto dialettico di una società divisa in classi, e, in prospettiva, avrebbe consentito un superamento dello stesso concetto di stato. Sarebbe bastata per tutto e per tutti l’espressione politica della classe operaia: il partito Comunista. Il comunismo come superamento delle ideologie borghesi e del socialismo stesso. Come è andata, quali fiamme e speranze abbiano acceso nel mondo quelle parole e successivamente la Rivoluzione di Ottobre lo sappiamo. E quali illusioni e disillusioni ne seguirono. Quali avanzamenti sociali, ma anche quali dittature e tragedie. I principi di solidarietà e di uguaglianza, il riscatto degli sfruttati che quegli ideali sostennero, erano e sono tutt’ora giusti e ancora da attuare. Ma mancava il nesso dialettico con la libertà. La rivoluzione non sarà un pranzo di gala, ma nemmeno la democrazia lo è, perché non è mai sopprimibile, non è un presupposto borghese, ma un principio universale. Questo fu l’errore e non un errore da poco. Però non si può disconoscere il ruolo avuto dal Partito Comunista Italiano per la resistenza al fascismo, il progresso sociale e la rinascita del paese. Io sono stato comunista.
L’altra data da ricordare è il 1948. Un secolo dopo. Precisamente il primo gennaio di quell’anno, il giorno della Costituzione della Repubblica Italiana. Il 2 giugno 1946, dopo la dittatura fascista, si erano celebrate libere elezioni. Ebbero diritto di voto tutti i cittadini italiani maggiorenni, ventunenni all’epoca, e di ambo i sessi. Cioè votarono per la prima volta anche le donne. Vennero consegnate contestualmente agli elettori la scheda per la scelta fra Monarchia e Repubblica, il cosiddetto Referendum Istituzionale, e quella per l'elezione, con sistema proporzionale, dei deputati dell'Assemblea Costituente, a cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale. Il popolo italiano scelse la Repubblica e rifiutò la Monarchia. La Costituzione repubblicana, promulgata nel 1947, entrò in vigore il primo gennaio del 1948. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Gli alti principi costituzionali, frutto della fusione di tutte le istanze del pensiero democratico, ci guidano ancora. Non tutti sono attuati, ma stabiliscono un campo di diritti e di doveri che fanno di noi una comunità e nello stesso tempo indicano una prospettiva, segnano una speranza. Non può esserci vera libertà senza uguaglianza e giustizia e la giustizia non è vera giustizia senza libertà.
Fra questi principi non c’è il perseguimento della felicità, come nella Costituzione americana, Ma siamo già il Bel Paese, anche felice sarebbe stata troppa grazia. Forse i costituenti e i cittadini, almeno gli antifascisti, erano già felici dopo la fine della guerra e la Liberazione e c’era voglia di ripartire da capo, di ricostruire tutto. Siamo un paese latino, cattolico, un po’ malinconico e la felicità ci sfugge come il filo dell’orizzonte. L’importante sarebbe, andando avanti, costruendo il cammino, averlo ancora negli occhi l’orizzonte: dove sembrano confondersi cielo e mare, là forse si uniscono anche giustizia, libertà e progresso. Da qualche parte, nel futuro e non nel passato. Intanto ci alziamo tutte le mattine e facciamo del nostro meglio ed è questo quello che conta. Tutto quello che sappiamo del futuro è che sarà diverso.
Libero Venturi
Pontedera, 14 Gennaio 2018
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Le due frasi finali sono tratte dal film “Marigold Hotel” di John Madden, GB, 2012.
Libero Venturi