DIZIONARIO MINIMO: Politica
di Libero Venturi - domenica 30 dicembre 2018 ore 07:00
Il film “Un sacchetto di biglie”, ambientato in Francia durante l’occupazione nazista, racconta la storia di una famiglia di origine ebraica perseguitata dall’odio razziale. Un padre prepara la fuga dei suoi figli piccoli e raccomanda loro di non rivelare di essere ebrei. Di nascondersi finché non tornerà la libertà. Con uno di essi finge un interrogatorio. “Sei ebreo?” Gli domanda minaccioso. E al suo imbarazzato impaccio a rispondere no, lo prende a schiaffi, ripetendogli la domanda per fargli capire cosa può capitargli. Poi lo abbraccia, scusandosi e gli dice: “Meglio il dolore di uno schiaffo che perdere la vita perché se ne ha paura”. Pensavo: paura del dolore di uno schiaffo o della vita? La storia è vera. Il padre morirà nel campo di concentramento di Auschwitz, la famiglia sopravviverà. Due figli vivono ancora a Parigi.
Il nostro tempo ha conosciuto la vergogna e l’orrore del razzismo, la tragedia della dittatura e della guerra. E ancora oggi il presente non è indenne da confitti e tiranni. E ripropone il razzismo. Non più per supposta prepotente supremazia, ma per malintesa legittimità di difesa. Sempre di razzismo si tratta, che evolve come il pensiero. Così come il male evolve quanto il bene. E forse ancor di più: è più attrattivo e immediato. Il bene è più impegnativo e di lunga prospettiva.
La storia e il cammino dell’uomo sono segnati da tre grandi tragedie e da una macabra contabilità. Lo schiavismo, diffuso in gran parte del mondo, fin dall’antichità: Spartaco guidò senza successo la prima rivolta degli schiavi contro Roma cento anni circa prima di Cristo. Perpetrato a danno delle popolazioni africane con eccidi e barbarie inenarrabili, per un numero incalcolabile di uomini, donne e bambini, si è protratto fino all’800.
L’etnocidio delle popolazioni delle Americhe, gli indios del Centro e del Sud e i nativi del Nord America erroneamente denominati indiani, operato dagli occupanti europei tra il ‘500 e l’800: complessivamente oltre cento milioni di nativi furono annientati. A questo va aggiunto l’etnocidio che ha soppresso il 90% circa degli aborigeni australiani.
Infine la Shoah, l’olocausto, il genocidio di circa sei milioni di ebrei, sterminati dal nazismo e dal fascismo, durante la seconda guerra mondiale. E c’è ancora una tragedia che accomuna tutte queste e ad oggi sopravvive ed è il razzismo che è la maledizione che impedisce agli uomini di considerarsi, come sono, un’unica razza umana.
La legittima difesa è una concezione ambigua. Bisognerebbe applicarla sopratutto verso la libertà, lo sfruttamento e i soprusi. Mi difendo da chi mi toglie la libertà o da chi pretende di avere la libertà di sfruttarmi, di non rendermi giustizia, di discriminarmi. Ma è un concetto difficile da attuare, senza cadere, a nostra volta, nella violenza o nella sopraffazione. Non c’è legalità senza giustizia, non c’è libertà senza uguaglianza, ma è sempre vero anche il contrario. In fondo la politica nasce anche per questo: regolare l’uso della forza, il diritto di attuazione e di risposta per tutto ciò. Decidere il gradiente di libertà consentita. Posto che la libertà va sempre difesa, ma anche regolata come ogni cosa. Tende all’infinito, ma non è infinita. Non hai la libertà di uccidermi o di usarmi violenza, né io l’ho nei tuoi confronti. Non ti consento la libertà di infrangere la mia libertà e non consento alla mia libertà di infischiarsi di quella degli altri. Per questo in Italia andrebbero chiuse le sedi neofasciste come CasaPound e Forza Nuova. Ci sono due leggi che lo prevedono: la legge Scelba e la legge Mancino. Così come in tutti i paesi democratici andrebbero chiuse le sedi che auspicano il ritorno di regimi totalitari e istigano all’intolleranza e all’odio razziale. Non si possono lasciare spazi di libertà a chi la libertà te la toglierebbe, se ne acquisisse il potere, come già avvenuto. È legittima difesa della libertà. Per tutto il resto il principio volteriano, “non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”, anche se non lo scrisse Voltaire, ma una sua biografa, va comunque benissimo. Anzi è proprio per questo che bisogna legittimamente difendere la libertà. Si deve essere liberali con i liberali, ma, anche se è difficile dirlo, non si può che essere illiberali con gli illiberali.
Non so cosa siano in assoluto il bene e il male. Generalmente penso che bisognerebbe stare lontano da ciò che è assoluto o pretende di esserlo. Però una cosa sappiamo: che il totalitarismo è certamente un male assoluto. E questa cosa, più che la filosofia, ce l’ha insegnata la storia. È una delle poche cose che la storia ha insegnato a chi ha voluto studiarla e nemmeno a tutti fra questi. Solo a quelli che l’hanno saputa imparare.
A seguito dell’attentato razzista avvenuto a Firenze, il 13 dicembre 2011, da parte di un simpatizzante di CasaPound che uccise due senegalesi, la figlia di Ezra Pound, Mary de Rachewiltz, ha intentato le vie legali ritenendo infangato il nome di suo padre e affermando che: “Un'organizzazione politica compromessa come questa non ha nulla a che fare con il nome Pound”. In effetti ancorché fascista, Pound fu un importante letterato, innovatore della letteratura anglosassone. Alcuni “Cantos” sono molto belli. Pallosi, ma belli. Sennonché il 10 giugno 2016 il Tribunale di Roma ha dato ragione a CasaPound rigettando le contestazioni di Mary de Rachewiltz in quanto “il nome CasaPound è diverso e autonomo rispetto al nome Ezra Pound” e l'associazione CasaPound non “ha in alcun modo legittimato l'uso della violenza sotto il nome del poeta Pound”. Che è roba da non credere. Non so se c’è diversità e autonomia tra i nomi, certo il cognome sembra lo stesso. E poi non avrà diritto una figlia alla memoria del padre?
A Pontedera hanno aperto una nuova sede che appoggerà Fratelli d’Italia ed altri estremisti di destra e, presumibilmente, Lega e centrodestra, alle prossime elezioni comunali. Invece il Tribunale di Bari, al termine di un’indagine della Procura, ha chiuso la sede di CasaPound e trenta sono gli indagati per aggressione e ricostituzione del partito fascista. Così dovrebbero agire le Istituzioni, tutte insieme, senza lasciare soli i Comuni democratici e le Associazioni antifasciste. E senza che l’estremismo della destra neofascista richiami ed attragga l’opposto estremismo sedicente di sinistra. Se l’Italia, e l’Europa non faranno una volta per tutte i conti con il proprio passato totalitario, fatalmente saranno destinate ad avere di nuovo a che fare con i suoi faziosi e nostalgici epigoni. Ciò che purtroppo sta avvenendo.
Giorgio La Pira, nel saggio “La nostra vocazione sociale”, coniugava la politica con l’amore per il prossimo, nella prospettiva del bene comune. “Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa 'brutta'! No: l'impegno politico -cioè l'impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall'economico- è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità”.
Vittorio Foa concepiva la politica come solidarietà verso gli altri, proiettata verso il futuro: “Essere a sinistra vuol dire essere qui e anche altrove, vivere oggi e contemporaneamente domani; vuol dire agire per sé e anche per gli altri”. Sempre Vittorio Foa all'on. Pisanò, esponente del MSI, formazione politica sorta dal disciolto partito fascista, in un dibattito televisivo del dopoguerra, disse: "Se avesse vinto lei, io sarei ancora in prigione. Avendo vinto io, lei è Senatore della Repubblica e parla qui con me". La differenza è tutta qui, ma non è da poco, è sostanziale.
“Se i politici si occupassero un po' più di poesia e i poeti un po' più di politica, forse si vivrebbe in un mondo migliore”. Lo pensava John Kennedy. Finché non lo uccisero. Non siamo i più, ma siamo in tanti a pensarla così.
A volte mi chiedo più semplicemente se la vita è stata giusta con noi, ma forse dovrei chiedermi se noi siamo stati giusti con la vita. Se lo sono stato io. Se non l’ho piuttosto sprecata. Perché, pur immersi nella presunzione dell’eterno presente, dei media seriali infiniti, non ci sarà una seconda occasione. Una era già tanta. “Yolo”, come dicono i giovani, che è un acronimo di “you only live once”, si vive solo una volta. “Ormai non mi oriento più nel labirinto degli avvenimenti, ho una certa età”. Il mio cuore stenta ad essere in sintonia con la mente, se mai lo è stato, e viceversa. E soprattutto a capacitarsi della realtà. Ma il pensiero è la nostra realtà: la capacità di distinguere la forte, semplice e complessa relatività delle cose. Comprendendo perfino il nostro cuore. Finisce il 2018 e inizierà il 2019. Si dice buona fine e miglior principio. Il senso della fine non viene meno, è solo compreso e superato. Perché non è un sequel, è un augurio. Buon anno, buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 30 Dicembre 2018
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La frase finale virgolettata, relativa alla perdita di orientamento nel labirinto degli avvenimenti, è tratta da “Hannah Arendt”, il bel film di Margarethe von Trotta, interpretato da Barbara Sukowa. Nel film viene pronunciata da Kurt Blumenfeld, leader sionista, amico della Arendt, autrice della “Banalità del male”. Anche se vera e condivisibile, è una frase banale, in fondo. Non quanto il male, che è banale ed estremo. Solo il bene è radicale, ha radici: o così sostiene Hannah Arendt e noi lo speriamo e ce lo auguriamo.
Libero Venturi