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martedì 03 dicembre 2024

RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

L'anima secca

di Marco Celati - lunedì 15 febbraio 2016 ore 07:00

L'anima secca è di tutte la migliore e più saggia. È umida e offuscata quella dell'uomo ubriaco dal passo malfermo che anche un fanciullo può guidare.

Starsene una domenica qualsiasi sul terrazzo di casa ad ascoltare canzoni melodiche e scrivere quello che vedi o ti viene in mente, è piacevole. Inganna il tempo che passa. È una disposizione data dall'anima secca e razionale. Però anche un po' di umidità all'anima occorre per sentire le cose: la musica, il paesaggio, il senso di sé e di noi. Alla fine bisognerebbe non essere aridi e nemmeno ubriacarsi di sentimenti: una sobrietà sensibile sarebbe ciò che ci vuole. Ma questo è facile solo a dirsi.

È freddo e il sole è pallido e riscalda appena l'aria, va e viene tra le nuvole: è incerto il tempo, incerta la vita. Forse stasera potremmo andare al cinema come facevamo un tempo e quando si spegnevano le luci in sala ci tenevamo la mano. O forse no e quel tempo è passato da tempo, siamo troppo "grandi" ormai per queste cose e la vita ci scalda appena, come questo sole d'inverno che tra le nubi appare e scompare. Dura il fuoco oltre la fiamma? Resta il fuoco nelle cose che brucia, come l'oro nelle merci con cui si scambia? Resiste l'amore nella vita che passa? Ogni cosa scorre e diviene: il giovane contiene in sé l'anziano che diverrà e l'anziano ha dentro di sé la giovinezza trascorsa. Quest'ordine universale, il medesimo per tutti, né alcuno degli dei lo fece né alcuno degli uomini, ma fu sempre, è e sarà un fuoco sempre vivo che di misura si accende e di misura di spegne. La fiamma della ragione e della coscienza di noi attraversa l'esistenza, ma non la comprende del tutto. E in questo dispiegarsi del tempo che non si spiega, resta un mistero: come un pensiero che non si misura. L'esistenza che contiene la vita e la morte.

Se andremo al cinema mi porterai a vedere quel comico italiano che va per la maggiore: interpreta una comicità demenziale, ma pare sia plurilaureato. Agli italiani piace ridere di sé, ridere di sé fa bene, mai prendersi troppo sul serio. È che ne abbiamo abbondante materia. Siamo pieni di vizi, di ticchi e di orrori e ci piacciono i nostri vizi, i nostri ticchi e i nostri orrori: i nostri difetti. Come in un senso di autocompiacimento identitario. Si aspira al meglio, ma ci si riconosce nel peggio. Oppure, per contro, siamo come Gastone che, diceva Petrolini, era un uomo senza orrore di sé.

È morto Ettore Scola, "C'eravamo tanto amati", "Ballando, ballando", "Un giornata particolare" eccetera. La frase più significativa in "C'eravamo tanto amati" la dice, nella parte dell'intellettuale idealista e perdente, Stefano Satta Flores, scomparso pure lui: "Credevamo di cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato noi". Era commedia e quindi comicità, ma non si rideva sguaiatamente, si sorrideva amaramente. La frase è stata vera, bastava non compiacersene. Questa la grandezza di Scola.

Non è solo cosa si scrive, ma come. E sembra solo retorica, forma senza sostanza, ma non credo sia così. Perfino nella vita in fondo non è solo vivere, ma anche come farlo che conta. Molti scrittori oggi hanno "ingoiato" la macchina e sono bravissimi: si documentano, concatenano eventi su eventi su base storica o scientifica. I più autorevoli o affermati penso che abbiamo dei laboratori con aiutanti e ricercatori. Poi buttano fuori queste storie validissime, quasi cinematografiche, scritte per essere lette. Best sellers. Ma più che scrivere descrivono, manca spesso una pagina di pathos, di poesia. È come leggere un giornale scritto bene, anche lo stile è quello.

Comunque invidio gli scrittori e soprattutto quelli spregiudicati che parlano liberamente dei loro amori, delle loro storie e non si capisce se sono sposati, accompagnati o lasciati. O se "sganzano", più o meno letteralmente o letterariamente. Ma non ce l'hanno una donna, una moglie o una compagna che dica loro: ma cosa racconti? Ma chi è quella? Non me ne avevi mai parlato. Ma è vera o è frutto della tua morbosa fantasia? Ma non ce l'hanno dei figli o delle figlie che dicano loro: o babbo, ma non ti vergogni? E la mamma?

Ma l'arte evidentemente non imita la vita, la supera e sublima anche la vergogna di vivere e, alla fine, se non ci fosse un po' d'arte nella vita, che vita sarebbe?! "Les liaisons dangereuses" fra la vita e la letteratura vanno pure messe nel conto.

Ecco come al solito, come si faceva a scuola quando c'erano da affrontare la fatica e la noia del compito in classe, ho riempito la mia paginetta senza raccontarvi nulla, mettendo giù dei pensieri alla sanfasò, che poi sarebbe un francesismo.

"Ma qualche racconto con un po' di trama, no?" Mi chiede mio figlio Andrea.

"Ha forse una trama la vita? O piuttosto un ordito raffazzonato e frammentario! Anche di Eraclito sono rimasti solo Frammenti". Gli rispondo.

La verità è che non mi riesce e forse non me importa. Ma, in fondo, più la prima della seconda. Questo è perché non sono uno scrittore, ma solo uno che scrive e c'è una bella differenza tra uno scrittore e uno scrivente. Come tra vivere ed essere vivente. "Confesso che ho vissuto" lo possono dire solo Neruda ed altri come lui. Non noialtri. Confesso che ho scritto si può anche dire, ma non è vero, non vuol dire niente e non ci crede nessuno.

Marco Celati

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Treggiaia, 24 Gennaio 2016

Le riflessioni sull'anima e la metafora del fuoco, qui malissimo e fuori luogo riportate, si devono ad Eraclito. "Se il fuoco oltre la fiamma dura ancora" è il verso finale di una poesia di Mario Luzi. Che "siamo pieni di vizi, di ticchi e di orrori" lo sosteneva Cesare Pavese in un'altra poesia. "Si aspira al meglio, ma ci si riconosce nel peggio" è una frase da me già usata ed abusata, rivelerò, se non l'avessi ancora fatto, che è presa in prestito da "La grande sera" di Giuseppe Pontiggia. Oltre che al maestro Ettore Scola, rendo rispettoso e divertito omaggio al grande Ettore Petrolini e al suo ineffabile "Gastone". "Les liaisons dangereuses" (Le relazioni pericolose) è un romanzo epistolare di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos del 1782. Mai letto, mi sgomentava già la sola lettura del nome dell'autore: ho visto solo diversi film da esso tratti. "Confesso che ho vissuto" l'ha scritto e l'ha fatto Pablo Neruda

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati