La resistibile ascesa del cancro di Sigmund Freud
di Adolfo Santoro - sabato 07 gennaio 2023 ore 07:00
Stiamo esaminando il “caso Freud”, morto per cancro al cavo orale dopo più di venti anni di avvertimenti che il suo corpo gli aveva inutilmente manifestato. I medici che curarono il Dr. Freud – e, purtroppo, la stragrande maggioranza dei medici attuali – avevano un approccio riduzionista, scambiavano cioè i sintomi per la malattia, e curavano i sintomi per eradicare la malattia. Questo atteggiamento non sarebbe riduttivo, se fosse integrato nella prevenzione e nella riabilitazione. La riabilitazione, in particolare, dovrebbe servire alla comprensione della complessità della malattia, in modo che tale comprensione possa essere restituita all’Individuo e alla Comunità al fine di prevenire la malattia in chi è esposto agli stessi fattori di rischio. Prevenzione, cura e riabilitazione si muovono perciò circolarmente intrecciandosi in un processo virtuoso.
In una visione non riduzionistica (in cui prevale la visione fatalistica dell’”identità gene”), ma sistemica (in cui prevale la visione del destino governato delle possibilità), ogni fenomeno vitale è leggibile a vari livelli di complessità (biologico, sociale, ecologico, economico e politico) e questi livelli si intersecano ed interagiscono l’uno con l’altro. È perciò sbagliato isolare i singoli livelli della complessità senza al contempo comprendere la globalità del sistema. Il global warming, ad esempio, è l’espressione dell’eccessiva produzione di CO2 da parte dell’uomo, che però consegue all’eccessivo consumo di energia fossile; e questo eccessivo consumo consegue, a sua volta, ad un particolare sistema economico e politico globale, che, a sua volta, determina diseguaglianze sociali, con effetti sulle migrazioni e sulla stabilità democratica di intere nazioni. La radice ultima di questo processo sembra essere la massiccia “intrusione” negli ecosistemi di tutto il mondo, alimentata dall’avidità di aziende e gruppi di potere, che hanno strappato e frammentato la rete della vita. E invece no: siamo tutti qui sul treno che va diritto verso l’abisso del global warming, tra troppi figli, tra pochi ricchi che non si vergognano, tra generazioni che lasciano debiti alle generazioni successive, tra chi cerca un altro mondo nella scienza che è fuori dalla Terra, tra chi si consola con le canzoni di Sanremo e i balli. Il cardiochirurgo-artista Enzo Jannacci sintetizza questa follia umana così:
“Mario, forse l’unica cosa di buono che hai fatto è non avere voluto figli, così non hai fregato il mondo: tra vent’anni chissà in quanti saremo, in quanti rideremo. Ma ci pensi sul treno tutti impazziti a chiederci dove andremo.
Mario, ma tu guarda i miliardi che spendono a prendere i sassi nel cielo: questi prendono, vanno, vengono, non fanno niente, è solo un volo, noi quaggiù ci sbraniamo, gridiamo ti amo, ma chi la sente la povera gente! Gente, e ognuno la pensa in maniera diversa ognuno ha la sua testa. Per lo meno un figlio ti fa compagnia, ma poi scappa e vola via. Poi che c’entra la terra e la luna? Son sempre gli stessi ad avere fortuna! Mario, non ti resta che l’amore... Mario, hai capito la canzone!”.
Nel caso di Mario, come nel “caso Freud”, oltre ad un approccio strettamente medico (da privilegiare solo nel momento dell’emergenza per minaccia di vita), è più costruttivo avere un approccio complesso, in modo da comprendere la radice del male. Chi ascolta il “paziente” deve allora aiutarlo ad ascoltarsi, in modo da comprendere le massicce “intrusioni” che sono avvenute nei suoi ecosistemi, che di per sé sono destinati alla vita. Attraverso l’ascolto il “paziente” può arrivare a comprendere il senso della sua storia culturale, transgenerazionale, relazionale e personale; può arrivare a comprendere che i suoi ecosistemi, liberi dalle “intrusioni”, sono destinati alla vita.
Già Sigmund Freud aveva compreso qualcosa di simile al concetto di complessità quando parlava di “sovradeterminazione”. Le formazioni dell’inconscio, come i sintomi o i sogni, risultano determinate da una pluralità di fattori, che rinviano o a più cause o a diverse sequenze significative, ognuna delle quali, pur essendo in sé coerente, non può dar conto alla globalità del senso. La sovradeterminazione è l’effetto della “condensazione”: diversi elementi, anche tra di loro in conflitto, possono essere espressi in compromessi del sogno o del sintomo.
Il linguaggio analitico del cervello sinistro non può sciogliere i nodi della sovradeterminazione, ma il linguaggio metaforico del cervello destro può farlo più agevolmente. Ecco, ad esempio, la descrizione del processo di morte descritta da Michael Ende ne “La storia infinita” (e questa descrizione può essere indifferentemente efficace nel global warming o nel nichilismo o nella “resistibile ascesa di Arturo Ui” di Bertolt Brecht o nella resistibile ascesa del cancro, di cui, per altro, morì Michael Ende): ecco il dialogo tra alcuni abitanti del mondo di Fantàsia, afflitta da un misterioso malessere:
- Il mio Paese si trova piuttosto lontano da qui, non so se qualcuno dei presenti lo conosce. Si chiama Terra di Marcita. Da noi, nella Terra di Marcita è successo qualcosa... cioè continua a succedere... è molto difficile da spiegare... è cominciato col fatto che... insomma, all'est del nostro Paese c’è un lago, o meglio c’era, si chiamava Gorgoglione. E allora è cominciato così, che un bel giorno il lago Gorgoglione non c'era più. Via, sparito, capite?
- Vuoi dire che si è prosciugato?
- No, in tal caso in quel punto ci sarebbe adesso un lago prosciugato. Ma non è così. Là dove c’era il lago, adesso non c'è più nulla, mi capisci?
- Un buco?
- No, neppure un buco. Un buco è già qualcosa. Ma là non c’è nulla.
- E come si presenta questo niente?
- È proprio questo che è tanto difficile da descrivere. Non si presenta affatto. È... è come... ah, come lo si può dire, non c'è una parola per questo.
- È che quando si guarda in quel punto è come se si fosse ciechi, non è così?
- Sicuro, questa è l'espressione giusta! Ma come, voglio dire, in che modo... oppure... è forse capitato anche a voi?
- Un momento. S'è formato in un punto solo, dimmi?
- Da principio sì, cioè il vuoto diventava sempre più grande. Non si sa come, ma ogni giorno mancava un pezzo di più del posto. Il Patriarca, che abitava con il suo popolo nel lago Gorgoglione, d’improvviso era anch’esso scomparso. Altri abitanti presero a fuggire. Ma ben presto la cosa cominciò anche in altre parti della Terra di Marcita. Talvolta da principio si trattava di un pezzettino piccolissimo, un niente, grande quanto un uovo di gallina di palude. Ma poi le chiazze si ingrandivano. Se qualcuno per sbaglio ci metteva dentro un piede, anche il piede non c'era più; o magari la mano, o insomma quello con cui c’era andato dentro. Non che faccia male, no, è semplicemente che alla persona in questione da un momento all'altro manca un pezzo. Alcuni ci si sono persino lasciati cadere con intenzione, quando hanno creduto di trovarsi troppo vicini al nulla. Sprigiona una forza irresistibile, un potere di attrazione che diventa tanto maggiore quanto più grande è la chiazza. Nessuno di noi riusciva a spiegarsi che cosa poteva essere questa cosa terribile, di dove veniva e che cosa si poteva fare per fermarla. E siccome da sola non scompariva, ma al contrario continuava a estendersi sempre più, alla fine fu deciso di inviare un messaggero all'Infanta Imperatrice, per implorare da lei consiglio e aiuto. E questo messaggero sono io.
- Uh uh! Nel Paese dal quale vengo io, sta succedendo la stessa cosa. E io sono in viaggio per la stessa ragione. Ciascuno di noi viene da un Paese diverso di Fantàsia e qui ci siamo tutti incontrati per caso. Ma ciascuno di noi porta all'Infanta Imperatrice il medesimo messaggio. E questo significa che tutta Fantàsia è in pericolo. Ma allora, allora non dobbiamo perdere più neppure un minuto! Noi volevamo giust’appunto rimetterci in viaggio. Abbiamo fatto una pausa a causa dell'impenetrabile oscurità che regna in questo Bosco Frusciante. Ma ora che lei è con noi ci può far luce.
- L'Infanta Imperatrice è malata, molto malata. Forse è questa la ragione dell'incomprensibile disgrazia caduta su Fantàsia. Ma finora nessuno dei molti medici che si sono raccolti lassù nel recinto del palazzo, presso il Padiglione della Magnolia, è riuscito a capire di che cosa soffra e che cosa si possa fare per guarirla. Nessuno ha ancora trovato una medicina.
- Ma questa è una catastrofe.
Eh, sì! È proprio una catastrofe il buco nero in cui stiamo cadendo, dentro il quale stiamo perdendo il sentire il “ritmo strano della vita”.
Adolfo Santoro