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Attualità mercoledì 13 maggio 2015 ore 17:46

Con gli scarti del frantoio si fa la plastica bio

Il segreto per produrre naturalmente questi poliesteri sono i batteri che usano la fotosintesi, coltivati nelle acque reflue delle olive



BIBBONA — Si è concluso con due giorni di workshop e dimostrazioni pratiche tra Pisa e Bibbona il progetto internazionale Oli-Pha. L’iniziativa, nata nel 2012, ha visto la partecipazione in prima linea dell’Antico Frantoio Toscano di Bibbona insieme a 13 partners, 9 europei e 4 dell’America Latina, con lo scopo di produrre materiale plastico biodegradabile. Il tutto riutilizzabile in molti campi: dal filo di sutura utilizzato in sala operatoria, passando per buste e sacchetti con caratteristiche specifiche sia di compatibilità alimentare sia di resistenza fisica e termica.

Oggi l’ultimo atto, dopo il workshop del 12 maggio a Pisa, proprio a Bibbona dove per la produzione di questo materiale l’Antico Frantoio Toscano ha fornito l’acqua di vegetazione delle olive defenolizzata

Nel dettaglio, il progetto mirava alla realizzazione di un nuovo ed efficiente metodo per la produzione di poliidrossialcanoato derivante dalle acque reflue delle olive per imballaggi a base polimerica e materiali da imballaggio da fonti biogeniche rinnovabili. 

I poliidrossialcanoati (PHA, da qui la sigla del progetto), cioè poliesteri prodotti naturalmente, stanno guadagnando attenzione nel mercato del polimero biodegradabile grazie alla loro elevata biodegradabilità e versatilità. Mostrano sufficienti proprietà funzionali per sostituire una parte dei materiali plastici usati oggi nel mondo, specialmente nella sostituzione del PET che è ampiamente usato per la produzione di bottiglie per bibite e negli involucri elettronici. La sfida sta nella produzione di PHA che ha costi e performance competitivi rispetto alla tradizionale produzione di polimeri a base fossile.

Questo progetto ha prodotto risultati di una promettente ricerca sulla crescita di cianobatteri geneticamente modificati nelle acque reflue per produrre PHA. Questi batteri sono i soli procarioti che accumulano PHA dalla fotosintesi ossigenica avendo il potenziale per la coltivazione di PHA in acque reflue. Le acque reflue delle olive verranno recuperate e riutilizzate per ottenere biopolimeri PHA per essere usati per la creazione di avanzato materiale da imballaggio. Una valorizzazione dei materiali di scarto sarà ottenuta utilizzandoli per la produzione di biomassa, di biodiesel e per l’estrazione di sostanze chimiche e naturali per compositi a base di poliidrossibutirrato (PHB).


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